I SEGRETI DI MONTECRISTO
GIANCARLO CAPECCHI
21 gen 2014
I SEGRETI DI MONTECRISTO

ISOLA DI MONTECRISTO. Il Paradiso a picco sul mare, l'Isola del mistero, della solitudine, della bellezza. L’Isola che non c’è. Se è vero, secondo la leggenda, che Mons Christi, come la chiamavano i romani (la “Oglasia” di Plinio), nacque insieme alle altre sei isole dell’Arcipelago Toscano, Capraia, Gorgona, Elba, Pianosa, Giannutri e Giglio perché Venere, bagnandosi nel Tirreno, il Mare Nostrum, perse il suo diadema con sette gemme che generarono le sette isole, si può ben dire che Montecristo è quella che somiglia di più alla dea della Bellezza. Montecristo è stupenda, suggestiva, affascinante, unica. 

Ma c’è anche un’altra leggenda quella che a dare il nome Monte Cristo sia stato San Mamiliano (visibili ancora i ruderi del monastero) che nel quinto secolo, perseguitato dai Vandali di Genserico, fu fatto prigioniero e venduto come schiavo. Mamiliano fuggì e si rifugiò in questa isola, vivendo in solitudine e in meditazione in una grotta nota anche oggi come la Grotta del Santo.

 

E a Montecristo finì anche il tesoro, donato dai nobili corsi, che i monaci benedettini abbandonarono durante le incursioni del pirata Dragut e che ispirò il romanzo di Alessandro Dumas, che creò la storia del giovane ufficiale di Marina, Edmond Dantes il quale ebbe durante la prigionia, da un abate considerato pazzo, l’indicazione del nascondiglio del tesoro che Dantes riuscì a trovare diventando molto ricco. 

Ma torniamo ad oggi, a Montecristo, isola dei desideri di migliaia, forse milioni di aspiranti visitatori che vorrebbero immergersi nella natura incontaminata, ammirare le scogliere frastagliate e selvagge dove saltano più di 500 capre selvatiche, dove nidificano falchi ed aquile, esplorare le grotte, ammirare questa stupenda “cattedrale di granito” che sembra emergere dal mare, come un miracolo.

Il granito che servì ai romani per costruire le ville dei nobili a Giannutri ma anche all’isola del Giglio. Purtroppo è proibito visitare Montecristo senza le autorizzazioni rilasciate (tempo medio di attesa, tre anni) dal Corpo Forestale dello Stato di Roma o di Follonica o dal Parco Nazionale dell’Arcipelago: non possono accedere a questo paradiso più di mille persone all’anno, da luglio a settembre. Tre al giorno come media. Sono poche ma, se si vuole salvaguardare questo paradiso terrestre, guai ad aumentare.

 

Montecristo come un Paradiso. E  a controllare che “serpenti” con idee balorde non si avvicinino, per pescare o cacciare per esempio o usare l’isola come base per il contrabbando, ci sono sempre stati, per 123 anni dal 1890, Adamo ed Eva. Cioè una coppia di guardiani, “padroni” isolati in questo Eden in mezzo al mare.

Gli ultimi sono stati Giorgio Marsiaj e la moglie Luciana, rientrati in continente a causa della spending review, perchè il Ministero dell'Agricoltura, dal maggio di quest'anno, non ha più rinnovato il contratto ai guardiani. Sono stati undici dal 1890 al 2013. Io ricordo soprattutto un castiglionese, Goffredo Benelli, sempre vissuto sul mare, nato sotto il segno del Mare: anche la sua pelle, d’inverno come d’estate, è sempre stata bruciata dal sole. E’ un personaggio di una simpatia unica, di una disponibilità incredibile, di grandissima umanità. Lo ha dimostrato in tante occasioni: a Castiglione della Pescaia dove, con la sua imbarcazione si interessava di recuperi di persone e natanti in difficoltà, a Capo Verde dove  ha vissuto esercitando la pesca d’altura e facendosi apprezzare per interventi in mare definiti “eroici”.

 

Gli chiedemmo, da amici, se dopo cinque anni di Montecristo, di solitudine, non si sentiva abbastanza gratificato e non pensava a tornare in continente: ”Per ora non ci penso proprio – rispose - è una scelta, mi diverto, sto bene, ho la “villa“ al mare che tanti sognano, sono anche pagato per questo e non mi manca certo il mondo che si legge sui giornali. In questo fazzoletto di terra vivo serenamente e ogni giorno ringrazio Dio di avermi concesso questo privilegio. E anche Carmen, mia moglie, e Federica, che hanno cura del giardino, della villa e del museo, la pensano esattamente così”.

I guardiani non controllavano soltanto il faro, ma facevano gli onori di casa agli ospiti “importanti” che visitano l’isola: capi di stato, premier, ministri, ambasciatori ; accoglievano ogni quindici giorni i nuovi forestali che portavano anche la spesa richiesta dai guardiani e aiutavano gli agenti nella tutela della riserva.

 

La villa, già, villa Taylor. Forse non tutti sanno che l’isola di Venere, è stata  di proprietà di vari privati. A metà dell’Ottocento fu l’inglese Watson Taylor a costruire la villa, insieme ad altri fabbricati che si trovano a Cala Maestra. L’edificio diventò “reale”quando nel 1860 passò al Demanio del Regno d’Italia che, nel 1889 l’affidò al marchese fiorentino Carlo Ginori, che restaurò la villa e trasformò Montecristo in una riserva di caccia.  Dieci anni dopo passò ai Savoia, alla famiglia  dei reali d’Italia . I Savoia accolsero volentieri i pescatori, soprattutto ponzesi, che frequentavano questo mare ricco di ogni varietà di pesce. Ancoravano a Cala Maestra, che una volta si chiamava Cala del Re: nomi famosi nella storia dell’isola, come i Sandalo, i Vitiello, i Feola, i Costantino, gli Spinetti tutti padri e figli che partivano da Ponza con barche a remi e rimanevano a lungo fuori di casa. Ogni tanto arrivavano anche Vittorio Emanuele III, cacciatore appassionato, ed Elena di Montenegro che venivano festeggiati dai pescatori e dal guardiano di Casa Savoia. Fortunatamente, e i rischi non sono mancati perché un progetto privato, per trasformarla in paradiso delle vacanze per ricconi, sollevò generali proteste finchè venne accantonato, Montecristo è rimasta fuori dalla speculazione.

 

E questo ha favorito, nell’isola proibita, che ha un perimetro di una ventina di chilometri , con cale da “sballo” come Cala Corfù, Cala Mendolina, Cala Scirocco e Cala Santa Maria, il prosperare di una flora e di una fauna terrestre e marina che sono continuamente oggetto di ricerca da parte di scienziati che vengono a studiare qui da tutto il mondo. Sino alla fine degli anni ’70 erano presenti anche le foche monache, una specie che ormai è scomparsa dal Mediterraneo. Un consiglio ai nostri lettori: mettetevi in fila e programmate una visita. Tre anni non sono poi tanti per una giornata in Paradiso. 

 

 

 

 

 

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