AGRICOLTURA E ENERGIA, EMERGENZE GLOBALI
FEDERICO VECCHIONI
15 gen 2014
AGRICOLTURA E ENERGIA, EMERGENZE GLOBALI

a cura di FLAVIA BONINI

Presidente, l'ultima volta lei ha lanciato una parola d'ordine, quella della responsabilità sociale, anticipando tra l'altro molti scenari che sono poi diventati di dominio pubblico. Penso alla rivoluzione dei mercati energetici indotta dallo sviluppo del gas e dell'olio da scisti bituminose, lo shale gas e oil, negli Stati Uniti ed alla previsione sulla debolezza del processo di democratizzazione innescato dalla primavera araba che non a caso il Cardinale Scola definì primavera fugace, alle tensioni che avrebbe provocato nel Mediterraneo un processo irrisolto di tale portata. Penso alla sua visione di un'Europa capace di una politica estera unitaria, che affronta collegialmente i problemi dell'approvvigionamento energetico e della produttività agricola, non ultimo il fenomeno del landgrabbing. In questi mesi ha intravisto segnali positivi in questo senso?

Presidente Vecchioni – “Il tempo è stato breve, ma purtroppo sufficiente a registrare un peggioramento del quadro economico e geopolitico. L'Europa è sempre più una chimera, come ha dimostrato l'ultimo G7 a San Pietroburgo. Ognuno sembra tirare pro domo sua ed addirittura alcuni come la Francia sembrano e non da oggi, accarezzare sogni neocoloniali che la storia si preoccuperà di vanificare, sperando non si trasformino in incubi. È vero che la situazione internazionale non è mai stata così complessa e multipolare, nel bene e nel male, ma quel che è peggio è che non funzionano più le vecchie camere di compensazione come l'ONU, che colla chiusura della guerra fredda, dovevano uscire dal gioco dei veti contrapposti e diventare colonne della stabilità internazionale. La Siria, che ci sia o no lo strike di Obama, ne è l'esempio lampante. Un plauso sincero alla Bonino che ha avuto il coraggio di insistere sulla necessità di un mandato delle Nazioni Unite ed ha lavorato concretamente ad una soluzione politica, dando prova di grande senso di responsabilità umanitaria e di conoscere i nostri interessi nell'area. Per quanto mi riguarda mi unisco all'appello di Papa Francesco. Un esito negativo si rifletterebbe sulla missione di Terrae che non troverà certo vantaggio dall'aumento del prezzo del petrolio e da un peggioramento del PIL italiano. Noi non molliamo e la Politica deve capire che l'agroenergia non è un investimento di lusso ma una necessità per innalzare la redditività dell'agricoltura dentro l'era della scarsità che si preannuncia”.

Di questo abbiamo infatti parlato diffusamente la volta scorsa, quando ha sottolineato come la filiera agroenergetica avesse bisogno di innovazione tecnologica e di certezze tariffarie che la premiassero. Affermava anche, se ricordo bene, che l'Italia ha bisogno di continuità governativa: "non possiamo più permetterci un ministro per ogni stagione". Oggi c'è un nuovo esecutivo, con Enrico Letta premier ed una maggioranza solo apparentemente eguale a quella di prima, Monti, Montezemolo e Casini hanno molto meno peso, la compagine è più giovane, mentre la questione Berlusconi ha assunto una drammaticità farsesca che avrebbe fatto felice Flaiano. Lei pensa che Letta, se durerà, saprà rispondere alle sue domande?

“Conosco Letta fin dai primi passi di Vedrò. È intelligente e il suo stile democristiano, ammesso che sia tale, è per me una qualità. Non finiremo mai di rimpiangere la classe dirigente della DC. Faccio il tifo perchè abbia un lungo mandato. Credo che il nostro premier abbia ben presente quello che il nostro settore si attende. Le Rinnovabili sono un'occasione imperdibile per l'innovazione in campo energetico e per alleviare la bolletta elettrica nel medio-lungo periodo. Scoprire che nel breve comportano un costo, è scoprire l'acqua calda. Per l'Italia sono un investimento strategico fondamentale, anche per non fare del 20/20/20 dell'UE il terreno di lucro della sola industria tedesca, che peraltro si è espansa nel nostro Paese senza trovare, stranamente verrebbe da dire, quegli ostacoli giuridici ed amministrativi che talvolta fiaccano la volontà dei migliori. Se non vogliamo diventare definitivamente una colonia, di chi ha meno importanza, dobbiamo proteggere e sviluppare il know how che abbiamo nel bel mezzo di una concorrenza spietata. Siamo ancora una grande nazione, abbiamo campioni come Ansaldo Energia e Enel Green Power, per non parlare dell'Eni la cui storia è il paradigma del genio italiano, aziende come Energrid del Gruppo Gavio che non temono confronti nelle infrastrutture energetiche, una tradizione eccezionale nell'idroelettrico, grazie a quest'ultimo prima dell'ultima guerra avevamo quasi raggiunto l'autosufficienza energetica. Ci manca solo una politica coerente, di respiro, non demagogica. Qui dobbiamo però costruire un argine per impedire che la situazione volga al peggio. È un tema su cui batte Milano Finanza ed a mio avviso a ragione. Parlo delle invasioni di campo di parte della magistratura, ma soprattutto della superburocrazia. Bassanini a Cernobbio da Ambrosetti ha denunciato la degenerazione del rapporto fra queste istituzioni e la società che ostacolano la ripresa economica, "frenando fino allo sfinimento" l'attività legislativa ed esecutiva, con il bel risultato di allontanare gli investimenti internazionali. Questo condizionamento delle scelte politiche ha ritardato e in parte vanificato il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione alle imprese, ossigeno prezioso per l'economia. Uno Stato che non onora il proprio debito è l'inizio della fine del concetto stesso di Stato. E poi la pressione fiscale ha raggiunto un tetto impossibile, il 44,5% del PIL, 53,5% quella effettiva al netto del sommerso, secondo i dati del Centro Studi di Confindustria.

Dobbiamo renderci conto che la partita che si sta giocando sui mercati globali e nel Mediterraneo in particolare, è vitale per il nostro avvenire come Nazione e come Comunità. La fine del Muro di Berlino ha in questi vent'anni ridotto al lumicino la posizione di rendita geopolitica che, sagacemente governata da una classe dirigente formatasi alla scuola del Vaticano e delle Internazionali socialista e comunista, ci ha consentito un balzo in avanti fino ed entrare addirittura nel G5. Il fatto che l'Eni stia cercando di rinegoziare i suoi contratti take or pay con i partner storici dentro e oltre il quadrante mediterraneo e mediorientale la dice lunga sugli sconvolgimenti in atto di cui le primavere arabe già diventate autunno, sono solo la punta dell'iceberg. Ed allora occorre da parte di tutte le componenti sociali nazionali un nuovo grande senso di responsabilità, quello che intendevo parlando di Era della Responsabilità Sociale. Giocare al cupio dissolvi come fa qualcuno, è irresponsabile appunto”.

 

Un gioco che lei respinge, mi pare, non solo con le chiacchiere ma soprattutto con i fatti. Il Piano Industriale di Terrae ne è un esempio. Le chiedo di riassumerne la filosofia e gli obiettivi.

“Il nostro Paese, che ormai ha meno di 13 milioni di ettari di superficie coltivata, deve porsi con urgenza l’interrogativo di come offrire agli imprenditori agricoli un reddito adeguato e come tutelare dall’abbandono e dallo spopolamento il proprio territorio rurale.

Come ho detto, l’incremento demografico ed il crescente benessere di molte aree del globo postulano un costante aumento della domanda  (e quindi della produzione) alimentare e di energia.  In Europa e in Italia è emersa, invece, una preoccupante involuzione verso la terziarizzazione dell’economia, ritenendosi più conveniente importare beni primari piuttosto che produrli.

Le ricorrenti tensioni sui mercati e la prolungata recessione dimostrano la pericolosità di questo approccio, che rischia di marginalizzare centinaia di migliaia di imprese strette nella morsa tra costi e ricavi.

In presenza di tali fenomeni, il progetto Terrae si è proiettato verso nuove opportunità intese ad integrare il reddito degli agricoltori e a garantire stabilità economica ed ambientale alle aziende. Una preziosa fonte energetica è nascosta nelle campagne italiane: sono i residui delle lavorazioni agricole ed agroforestali, che oggi presentano un elevato costo di smaltimento. Un onere che è possibile mutare in ricchezza.

La filiera energetica che si sta sviluppando crea nuovi posti di lavoro, produce investimenti, sviluppa tecnologia italiana. Il nostro piano industriale, procede nel rispetto degli obiettivi prefissati e contempla investimenti per oltre 200 milioni di euro fino al 2017. Il fiore all’occhiello della complessa articolazione progettuale è costituita dalla realizzazione di un impianto da 15 Mw in provincia di Pavia.  Sono poi in cantiere impianti più dimensionati, per complessivi 18 Mw di mini-generazione a biogas e biomassa, nonché due impianti alimentati da biomassa solida da 5 Mw ciascuno.

In tal modo l’imprenditore agricolo, affiancato dalla nostra Società, può davvero diventare protagonista del sistema energetico nazionale e guardare al futuro con ottimismo e fiducia.

Grazie Presidente. Confindustria vede la ripresa, ha previsto alla fine di quest'anno una riduzione del PIL solo dell'1,6%, in controtendenza rispetto alle previsioni e ipotizza un +0,7% nel 2014.  Meglio così. Un refolo di ottimismo non fa male. Ma senza un nuovo protagonismo produttivo come quello che sta promuovendo Terrae, difficilmente avremo effetti stabili e duraturi.